Il cinema horror troppo spesso è considerato un cinema di serie B. Il cinema “di genere” in se viene visto come il meno nobile della Settima Arte, una sorta di cenerentolo che però all’industria frutta miliardi su miliardi ogni anno. Il problema forse è a livello concettuale, addirittura filosofico. Mostri, alieni, serial killer, orchi e quant’altro, pur essendo simboli, vengono visti come grezzi mezzi per rappresentare le paure dell’umanità a uno strato sociale più “popolare”, meno acculturato, che si tratti dell’americano, dell’europeo o dell’orientale medio.
Poco importa che l’horror, tra tutti i generi, sia stato il più sovversivo (o eversivo, dipende da chi lo fa). Perché la paura è un’arma potentissima che controlla o solleva le masse, perché la capacità di perturbare è la capacità di sconvolgere l’ordinario e quindi di parlare nella maniera più profonda all’essere umano mostrando lui quanto bene e male confondino e ribaltino la quotidianità. Ogni giorno.
John Carpenter, tra tutti i registi “di genere”, è colui che più di altri è stato in grado di mostrare agli spettatori “il male”, tanto quello della quotidianità più banale quanto quello eccezionale che si rivela a livello globale se non universale. Anche per questo è sicuramente il mio regista horror preferito e ne conosco la profondità e la complessità in ogni suo film, dai suoi capolavori alle opere minori.
Per tutti questi motivi non è facile sorprendermi e convincermi quando si parla di lui nei vari saggi o biografie. Quando quindi mi sono approcciato a John Carpenter – Il Regista da un Altro Mondo, scritto da Edoardo Trevisani ed edito da Edizioni NPE, come sempre ho azzerato le mie aspettative e mi sono armato di tanta curiosità. Curiosità che è stata ripagata da una lettura non solo interessante ma ben argomentata, intellettualmente stimolante e per certi versi incredibilmente avvincente. Non è facile infatti scrivere un testo che parli di un regista e dei suoi film approfondendone analiticamente poetica e tematiche senza per questo diventare pedanti. Trevisani invece ci riesce benissimo con un testo che conquista sin da subito l’attenzione del lettore per poi accompagnarlo in un viaggio che va dagli inizi degli anni ’70 ai primi anni del 2000.
Tutto questo senza mai basarsi sui gusti personali, nonostante si intuisca benissimo l’amore che questo autore prova per Carpenter, ma anzi avanzando ipotesi e letture da una parte consolidate o evidenti, dall’altra coadiuvate da un comparto bibliografico di tutto rispetto. Tesi che quindi l’autore basa su un comparto critico accertato e rispettabile. Il tutto viene rielaborato e reso personale anche per mezzo di una verve appassionata e appassionante.
Si parte dal punto di vista biografico e da una contestualizzazione (quella degli anni ’50) che permette di sviluppare l’analisi di ogni singolo film del regista, in ordine cronologico e senza dimenticare opere minori tanto cinematografiche quanto televisive. Viene dato il giusto risalto non solo al lavoro da director del regista ma anche alla sua attività di musicista e di artigiano del cinema tout court, essendo stato Carpenter soprattutto “autore”, delle sceneggiature e della grammatica dei suoi film (montaggio ed effetti speciali, per dire).
Per ogni film viene analizzato il plot e poi se ne da una lettura accurata e organica confrontando anche film di autori contemporanei, tra paragoni e parallelismi. Lo scrittore non dimentica di prestare molta attenzione alla potenza politica e alla critica metafisica che Carpenter in tanti anni di cinema ha mosso nei confronti della società americana e dell’industria cinematografica stessa, passando attraverso i generi (l’horror, certo, ma anche la fantascienza, la satira, il distopico e il western) e le letture meta-cinematografiche o metaletterarie, compresa quella più importante, la lovecraftiana.
Si parte quindi con l’esordio “accademico” Dark Star per passare attraverso capolavori come Halloween, La Cosa o Il Seme della Follia, ma dando il giusto spazio ad opere per la TV come Pericolo in Agguato, Elvis – Il re del rock, la serie Masters of Horror o l’antologico Body Bags. Si conclude in bellezza con il film “alimentare” The Ward – Il reparto e si chiude il cerchio con il capitolo conclusivo che dal particolare (i film) ci riporta all’universale ovvero il contesto storico e culturale, questa volta degli anni 2000.
John Carpenter – Il Regista da un Altro Mondo è un opera davvero interessante che ogni fan di Carpenter o del cinema horror in generale dovrebbe leggere e conservare in libreria. Non è facile parlare di un mostro sacro che ha assunto i connotati di un vero e proprio mito nonostante sia sempre stato rivalutato a posteriori e manchi dietro la macchina da presa da più di dieci anni. Complimenti quindi a Edoardo Trevisani per il grande lavoro svolto e a Edizioni NPE per averlo pubblicato.
Grazie a Edizioni NPE per la copia digitale.