Recensione “Cuore di Tenebra” (di Joseph Conrad, 1899)

La narrativa avventurosa ha un proprio codice e un proprio canone. Ma cosa sono codici e canoni se non stratagemmi metodologici per definire e strutturare le idee, per catalogare pensieri critici e riportarli al comune denominatore dell’accademismo? Ovvio, non sempre. Per questo i canoni cambiano, ovvero cambia il modo di interpretare i codici, che esistono prima per definire e poi per essere stravolti.

Ma torniamo a noi: la narrativa avventurosa. Il romanzo d’avventura. “Nasce” intorno al XVIII secolo e presuppone un’idea ben precisa: il fascino dei luoghi lontani, quelli difficilmente raggiungibili, aveva un forte potere e impatto tanto sul lettore dell’epoca quanto sugli autori. Come mi ritrovo a dire spesso ai miei studenti quando mi capita di affrontare l’argomento, all’epoca non esistevano voli aerei, treni super veloci, TV satellitare o internet. Google Maps e i documentari non potevano neanche essere immaginati. Semplicemente, ci si ritrovava ad osservare su un planetario la Terra dalle forme indefinite e ricca di spazi bianchi colmabili solo attraverso l’immaginazione e si puntava il dito da qualche parte lì sopra dicendosi: “io lì voglio andare”. E forse proprio questo fece Conrad da piccolo. E forse proprio per questo Conrad, da ragazzo, decise di imbarcarsi per la prima volta su un battello e, divenendo un marinaio, di dare inizio alla sua carriera per mare. Sicuramente per questo, poi, Conrad è diventato un romanzierie e ha scritto quello che potremmo definire il suo capolavoro, Cuore di Tenebra.

Il marinaio Marlow viene incaricato dalla Compagnia delle Indie belga di recuperare in africa il cacciatore di avorio Kurtz, ormai scomparso da tempo.

Potremmo riassumere così la trama di Cuore di Tenebra, romanzo breve scritto da Joseph Conrad e pubblicato a puntate su rivista nel 1899. Perché, effettivamente, riassumere quest’opera a livello di trama non può far altro che svilire l’opera stessa. Piuttosto sarebbe meglio concentrarsi sul titolo, Heart of Darkness (appunto, Cuore di tenebra), estremamente rappresentativo ma, in ugual misura, ambiguo. Il cuore di tenebra sembrerebbe infatti far riferimento al continente nero, l’Africa, visto in età vittoriana come oscuro e primitivo luogo da sfruttare e civilizzare. In seconda analisi potrebbe però divenire il cuore che anima il colonialismo stesso, mostro capace di cose indicibili nel nome di un progressismo che mascherava non altro che il desiderio di ricchezza di un’Europa sempre più povera poiché sfruttata fino al midollo. Entrambe le lettura sarebbero corrette, in base al punto di vista attraverso cui si guardasse al romanzo: quello del lettore dell’epoca, imperialista e razzista, o quello del liberista che percepisce l’istanza critica dell’autore. Eppure, fermandosi a soli due livelli di lettura, si cadrebbe in errore. Perché, andando ancora più a fondo, sarebbe possibile percepire la metafora che le due parole chiave esplicano: “cuore” e “tenebra”.

Come ho scritto all’inizio, il XVIII era un secolo in cui si guardava al mondo con sguardo sognante e carico di desiderio. Cosa c’era lì, in quel posto segreto chiamato Africa? É quella l’epoca degli avventurieri, dei navigatori alla ricerca dell’indefinito, dello sconosciuto. Uomini desiderosi di colmare il vuoto. Sì, è vero, il colonialismo nasce per motivi economici, così come lo schiavismo e poi il razzismo. Ma è pur vero che svelare l’ignoto poteva già essere un motivo per prendere e partire, proprio come fece un sedicenne Conrad, ad esempio. 

Scoprire luoghi, quindi. Riempire gli spazi vuoti. Ma con cosa? L’autore, attraverso le parole di Kurtz, forse ce lo spiega: attraverso se stessi. Ma se l’europeo occidentale, in bilico tra l’angelo e il demonio, porta con sé l’oscurità del suo “essere” sociale, con cosa potrà riempire il vuoto se non con le tenebre del suo cuore? Ecco quindi che Cuore di tenebra non è un romanzo che parla semplicemente di colonialismo e di Africa, né una semplice storia di esplorazione e ricerca. Il vero viaggio che racconta è infatti quello del protagonista attraverso se stesso, l’esplorazione del suo io attraverso l’archetipo africano mettendosi a confronto con la libertà primitiva dagli schemi socio-economici (e politici) del così detto “mondo civilizzato”, mentre scivola alla ricerca di risposte tra le domande che si pone e che si impone per poi arrivare all’assenza di risposte rappresentata da Kurtz.

Cuore di Tenebra è un romanzo di avventura atipico, che nella sua brevità sviscera il viaggio interiore riflesso di quello esplorativo, che si pone come critica non solo della società imperialista dell’epoca, ma dell’uomo ottocentesco che ha perso se stesso e vaga nel caos della propria anima in una concezione faustiana dell’esistenza “civile”. Conrad sfugge alla trappola del racconto auto-biografico e pur sfruttando le proprie esperienze e quelle di altri importanti avventurieri letti e conosciuti, crea una doppia distanza tra se e il suo protagonista: la storia ci viene prima presentata da un anonimo narratore e poi raccontata da Marlow attraverso il suo diario, dando vita quindi ad una narrazione su due livelli (cornice e diario).

Cuore di tenebra, nella sua brevità, è un’opera complessa e sfacettata, un capolavoro unico e universale che ancora oggi ha un senso e un significato adattabile alla nostra contemporaneità.

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