Una distopia non è altro che la rappresentazione del peggior futuro possibile della nostra società, un modo per analizzare e criticare il presente proiettandone le peggiori caratteristiche in un domani fittizio. L’esponente più noto e rappresentativo di questo genere di fiction è e resta, secondo me, il romanzo 1984, di George Orwell.
Il cyberpunk è invece un tipo di fantascienza in cui viene presentato uno scenario dominato dalla tecnologia e da forze sovversive, il cui esponente più noto è forse lo scrittore statunitense William Gibson.
Si tratta di due generi che amo molto e che sono stato felice di ritrovare nel romanzo Le memorie di Dante Bastille, seconda pubblicazione dell’emergente Marco Fichera, opera distopica di ambientazione cyberpunk in cui l’avventura regna sovrana.
Dante ha imparato da tempo a convivere con la violenza che permea nel Blocco Sud, il luogo ideale dove dimenticare e farsi dimenticare, e recente traguardo nella colonizzazione di un Pianeta Rosso oramai fagocitato da multinazionali. L’amena vita all’interno delle Colonie trascorre noiosa finché Daniel, il ragazzo con cui condivide l’unità abitativa, poco prima di morire gli consegna una FemtoSD, scheda di memoria contenente la registrazione in soggettiva delle ultime ore di vita di uno sconosciuto, ucciso da una delle persone più importanti ed in vista della società. Braccato, Dante si troverà costretto a fuggire, ma non è facile passare inosservati in una società in cui la legge impone il possesso di un device costantemente connesso. Aiutato da qualcuno, osteggiato da molti, Dante cercherà il modo di tornare sul suo pianeta nativo, spesso con le maniere forti. I pochi indizi forniti dalle registrazioni di memoria criptate saranno la sua sola bussola nell’intricato percorso che lo vedrà costretto a vestire i panni dell’antieroe, svelando così ai suoi occhi le numerose sfaccettature prese dalla società durante la sua assenza.
Che si tratti di un romanzo d’azione lo capiamo da subito, con una fulminante scena di combattimento direttamente in apertura che ci presenta in modo del tutto inaspettato il protagonista della storia, Dante. Un uomo qualunque, come spesso si troverà a definirsi, totalmente disilluso e reso cinico dalla vita automatizzata nelle Colonie. Non un uomo passivo, però: lingua tagliente e mani sempre pronte all’azione, nonché un caratteraccio che tende a metterlo nei guai, sono le caratteristiche principali per cui impareremo a conoscerlo mano a mano che gli eventi cominceranno a prendere piede, portandolo dove nessuno si sarebbe aspettato.
É il punto di vista di Dante che noi lettori sfruttiamo per comprendere il mondo che lo circonda. Un mondo in cui la tecnologia ha perso di valore divenendo strumento di appiattimento sociale. L’individualità, nell’universo narrativo creato da Fichera, non è altro che il ricordo sbiadito di una speranza di rivalsa, persa con la deriva sociale e a causa del predominio delle multinazionali su qualsiasi valore umano.
Le memorie di Dante Bastille ci mette a tu per tu con un mondo freddo e violento, tra l’ambiente cupo delle Colonie e quello variegato ma ugualmente impersonale del Pianeta Terra, su cui sprazzi di umanità cercano di non precipitare nel vuoto inesorabile attorno a cui il nostro protagonista si aggira nel tentativo di trovare una risposta alle tante domande che lo assillano. O forse in quello di trovare se stesso. Intorno a lui gravita la distopia dei social-network e di una tecnologia a cui l’essere umano è stato costretto ad asservirsi nel nome di un distorto spirito di sopravvivenza.
Marco Fichera scrive un romanzo ancorato alla tradizione dei generi che lo definiscono. Il debito nei confronti di Gibbson è reso evidente attraverso una citazione che apre il primo capitolo dell’opera, ma non si può non pensare al Grande Fratello orwelliano quando si legge dell’onnisciente device obbligatoriamente indossato da Dante. Non mancano inoltre ironici riferimenti alle leggi della robotica di Asimov mentre lo spettro di Aldous Huxley aleggia quasi fosse un nume tutelare. Ho colto persino qualche similitudine con la recente serie TV Black Mirror. Il tutto viene ben miscelato in maniera personale dall’autore in questo noir fantascientifico che sfocia nella spy-story, strutturato in otto parti che ricalcano gli otto elementi del concetto filosofico del Bagua.
Dal punto di vista stilistico, il romanzo presenta un linguaggio colloquiale e semplice con delle note di colore classicheggiante. Passaggi più intimistici che veicolano i pensieri del protagonista interrompono il flusso action determinando momenti introspettivi. Le descrizioni sono accurate e le scene di combattimento bene orchestrate risaltando per realismo. Fichera inoltre si dimostra un bravo dialoghista ricorrendo a botta e risposta credibili.
Se c’è una cosa che però non mi è piaciuta è stata la gestione della “consecutio temporum” con una scelta errata di tempi verbali che ha reso difficoltosa la mia lettura in alcuni momenti.
C’è inoltre qualche refuso di troppo che non posso non evidenziare.
Le memorie di Dante Bastille è un romanzo scorrevole e incalzante, caratterizzato da una poetica ben precisa. Ottimo il finale, grazie ad un colpo a sorpresa ben assestato (intuibile e per questo non campato per aria) che lascia con quel senso di sospensione che amo tanto nelle opere di fiction, nonostante mi abbia lasciato un po’ confuso riguardo alcuni risvolti narrati precedentemente.
Il volume è edito da Collana Nhope, piccola casa editrice orientata verso il genere distopico.
Ringrazio l’autore per avermi dato la possibilità di leggere il suo romanzo.
Informazioni e aggiornamenti nelle pagine Facebook e Instagram “Dante Bastille” e nel sito www.dantebastille.it